Cina-Hong Kong – The song remains the same

di Francesco Tortora.

La Cina non è disposta a cedere sovranità, sulle libere elezioni è attendista ma Hong Kong è oggi più che mai cosciente che i processi democratici sono visti come fumo negli occhi dall’Impero di Mezzo.

ombrelli3Migliaia di persone sono scese nuovamente in strada per protestare a favore della Democrazia la prima Domenica di Febbraio 2015 per la prima manifestazione di massa dopo la sospensione attuata nell’arco di due mesi.

Si è visto un vero e proprio mare di ombrelli gialli, il simbolo principe della campagna pro-Democrazia, il corteo s’è mosso lentamente attraverso le vie principali di Hong Kong, con la folla inneggiante al “suffragio universale”. Gli organizzatori hanno affermato che il corteo ha raggiunto la cifra di almeno 50.000 persone. I reporter presenti in loco hanno stimato che effettivamente molte migliaia di persone hanno partecipato alla marcia avviatasi a metà pomeriggio, la Polizia non ha rilasciato alcuna stima ufficiale a riguardo. La Polizia ha messo in guardia un po’ tutti su eventuali tentativi di rioccupare le principali arterie urbane e metropolitane, così come ha chiarito che non saranno consentite le installazioni di tende in veri e propri campi di protesta come era accaduto nel Dicembre 2014.

ombrelli2In realtà nessun gruppo dei manifestanti, né tra gli studenti universitari che sono stati l’elemento di guida principale delle manifestazioni degli “ Ombrelli Gialli” né tra gli altri gruppi vari di protesta ha manifestato intenzione di rilanciare l’occupazione nelle forme in cui si sono attuate in chiusura dello scorso anno e la marcia è ripresa in modo pacifico Domenica 1° Febbraio colorata del giallo di numerosissimi palloncini.

La manifestazione ha avuto l’intento principale di risvegliare interesse nell’opinione pubblica nella lotta comune per elezioni libere per il rinnovo delle cariche governative. Le Autorità non hanno rilasciato alcuna autorizzazione alle richieste degli attivisti e le tensioni, in effetti, son rimaste alquanto alte nel territorio semi-autonomo cinese.

«Vogliamo solo esprimere la nostra frustrazione nei confronti del Governo di Hong Kong»,

hanno affermato alcuni manifestanti, non solo tra gli studenti ma anche tra coloro che – di mezza età – sono in piena fase lavorativa nella propria vita quotidiana.

«Sappiamo bene che possiamo fare ben poco ma se non parliamo noi in prima persona, qui non cambierà mai niente».

ombrelli5Esponenti ufficiali governativi, nel mese di Dicembre scorso, hanno tolto via dalle strade e dai parchi i campi-tenda che avevano bloccato per tutto il periodo le principali vie di comunicazione del territorio statale. I vari cortei hanno visto la partecipazione collettiva di almeno 100.000 persone, al loro apice, ed hanno visto anche – in modo intermittente – scontri con le locali Forze di Polizia. La Cina ha promesso ai residenti e cittadini di Hong Kong per la prima volta il diritto di poter votare in piena autonomia il loro prossimo esecutivo a guida nazionale nel 2017. Ma ha anche aggiunto che ciò potrà accadere con persone nominate da una Commissione apposita pro-Pechino, una proposta che ovviamente è stata immediatamente ed apertamente osteggiata dai manifestanti e da vasta parte degli attivisti pro-Democrazia di Hong Kong.

Tra gli organizzatori delle manifestazioni è stato affermato che i cortei e le manifestazioni potrebbero essere nuovamente la manifestazione del fatto che “Occupy Movement” – come è poi stato denominato quando è stato riconosciuto a livello mondiale – è non solo una sollevazione popolare ma anche una specie di risveglio politico dell’intero popolo dei cittadini di Hong Kong.

«In passato, questi cittadini erano meno politicamente attrezzati rispetto a quanto accade oggi. Occupy Movement è un momento di risveglio politico ed auto-coscienza collettivo e quindi finisce col risvegliare anche le parti della nostra gente che forse fino a non molto tempo fa viveva tutto questo un po’ ai margini della società di Hong Kong»,

ombrelli1si afferma spesso tra i tanti giovani del Movimento Studentesco che hanno sospinto particolarmente l’intera campagna di manifestazioni, una specie di ’68 o ancor meglio un ’77 studentesco rivitalizzato in salsa di Hong Kong. Al momento, però, gli studenti sono un po’ guardinghi: dopo quello che è accaduto a Dicembre, ovvero la contrapposizione netta con le Forze di Polizia e l’aver sfiorato più volte il punto di non ritorno definitivo col Governo Centrale locale, oggi si procede maggiormente con i piedi di piombo, per evitare ingerenze oscure e ben più pesanti sullo sfondo, il colosso della Cina, infatti, è sempre presente nell’aria e nella vita di Hong Kong. E nulla vieta mai di pensare che essa possa intervenire in modo netto e definitivo sulla scena locale.

La Cina, infatti, agisce da sempre con un doppio pedale: fortemente accentratrice e autoritaria al proprio centro e dedita – invece – alla competizione economica e commerciale all’esterno, lontano dall’Impero di Mezzo. Come tutti i Grandi Imperi, però, la Cina sa anche che i problemi veri non sono al proprio nucleo bensì –piuttosto – ai confini. Paradossalmente, quello che tiene insieme e mette tutti d’accordo nella “comunista” Cina è il dato capitalista: business is business è diventato nei decenni il motto principale di riferimento per le Autorità cinesi, “Arricchitevi”, è il nuovo faro guida, ben diversamente da quello che avrebbe mai potuto immaginare Mao Tze Tung negli Anni ’60 e ’70 del Secolo Scorso.

ombrelli4E Hong Kong non è solo un territorio periferico in solo senso geografico, è un territorio di confine anche nel senso politico e dell’auto-determinazione, dopo la fuoriuscita definitiva dal Commonwealth Inglese.

I media occidentali sono guardinghi e preoccupati allo stesso tempo: si auspica una svolta democratica ad Hong Kong, ovviamente, ma si è altrettanto coscienti del fatto che Hong Kong non è Taiwan, la sua storia e genesi politica e geopolitica è affatto differente. E quindi non è affatto disposta a cedere sovranità a chicchessia. Un ulteriore esempio, da questo punto di vista, è la contestuale ed annosa questione delle dispute territoriali in gran parte del cosiddetto Mar Cinese Meridionale, dove la Cina è in contrasto con le Filippine in primis ma anche col Vietnam (lo scorso anno ci sono state manifestazioni molto violente contro la Cina e le sue principali sedi diplomatiche in Vietnam dopo alcune esplorazioni di piattaforme petrolifere in acque ritenute contese e invocate da ambo le parti), col Brunei e con altre Nazioni Sud Est asiatiche. Ciò dimostra che la Cina intende essere “presente” in ogni dove nell’area asiatica e raramente è disposta a rivedere le proprie posizioni nel senso di accettare restrizioni. Hong Kong è oggi più che mai cosciente di tutto questo.

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